martedì 18 gennaio 2011

postheadericon L'insostenibile leggerezza dei servi



L’altro giorno, a casa, avevamo una discussione sull’attualità della lingua e della letteratura Latine; ebbene, confesso che noi  facciamo anche questi discorsi, invece di guardare il GF, mea culpa.
Mai, come in questi giorni, l’attualità mi convince che il Latino è vivo (anche il Che, ma questo è un altro discorso).
A volte basta una parola per scatenare una ridda di pensieri e di immagini nella mente di un uomo.
Prendiamo ad esempio un semplice verbo:

mingo, mingis, minxi, minctum, mingere


1 mingere, orinare

2 eiaculare.


da cui deriva il termine minzione, dal latino tardo mictio-onis, espellere urina, urinare.

Unendo i due significati di questo verbo, al di là della facile e azzeccata somiglianza con il patronimico di qualche cliens del sommo demagogo, assurto, prepotentemente, agli onori delle cronache da qualche tempo, mi viene in mente il comportamento che, peraltro, non ha niente di sbagliato, del cane o del lupo.
L’uno è animale che io, personalmente, ritengo essere il migliore di tutti i nostri compagni domestici  (consiglio vivamente l”Ode al cane” di Pablo Neruda - Parral, 12 luglio 1904), l’altro è nobile per schiatta e comportamento.
Entrambi i due, in presenza di una forte emozione, mingono; il cane, soprattutto, manifesta così la sua grande gioia nel vedere il padrone, magari dopo una giornata di attesa.
Questo comportamento che, nell’animale, ha un solo significato, la felicità, pura, semplice e disinteressata, assume tutt’altro intendimento nelle azioni degli esseri umani.
Assistiamo quotidianamente allo spettacolo di questi esseri spregevoli che, raggiunti i livelli più alti, o nella maggior parte dei casi, quelli ritenuti tali, al cospetto del loro padrone, più o meno potente, come i canidi, si mettono pancia all’aria e mingono spudoratamente (metaforicamente parlando), per procacciarsi facili e utili guadagni, raggiungendo a volte un parossismo orgasmico di servilismo.
Basta una telefonata, sorta di carezza virtuale, in taluni casi una parola o un ordine sussurrato e non c’è più posto per la Giustizia, per la Libertà o l’Uguaglianza sancite dalla Carta Costituzionale.
Assistiamo, di conseguenza, attoniti, al quotidiano scempio delle basilari regole di convivenza civile e non abbiamo alcuna possibilità di avere un’informazione corretta e indipendente, da parte dei molti sicofanti che ci accerchiano.
Quinto Orazio flacco nell’Ars Poetica scriveva: “minxerit in patrios cineres”; questo essi hanno fatto e continuano a fare: hanno orinato sulle ceneri dei nostri padri, sui Padri Costituenti, sui Padri dello Statuto dei Lavoratori e sui Padri della Patria come Sandro Pertini.
E che dire poi della meritocrazia, parola esageratamente inflazionata in questi mala tempora.
Prestate attenzione ai signori che la predicano ed invece, nei fatti, preparano e attuano altro: la plutocrazia.
Nelle plutocrazie il potere politico è intimamente connesso al potere economico e alla competizione; questi sono sistemi che si autoreferenziano, ma niente hanno a che vedere con criteri meritocratici, anzi………..
Quando una società falsa le condizioni di partenza, in tutti i campi, quando l’accesso alla conoscenza e all’istruzione è sempre più elitario, quando, di fatto, non è garantita l’uguaglianza dei cittadini, che non hanno, quindi, le stesse possibilità, come si fa a parlare di merito, se alcuni, addirittura non possono esprimere pienamente il loro potenziale e migliorarsi mediante esso.
Sempre più contano i contatti personali e politici o le possibilità economiche, per garantirsi un facile futuro, scevro dal pericolo di doversi, veramente, confrontare con gli altri.
Karl Jaspers diceva: Guai al popolo che per la speranza di una grandezza impossibile o per semplice disperazione giunge a considerare il suo «Capo» come un essere provvidenziale e sacro, dotato di un potere magico e di un'onnipotenza miracolosa. Di sacro non c'è altro che il diritto naturale della persona umana.
E che dire alla massa: vergogna a tè, o maggioranza silenziosa, perché se ipotecassi solo il tuo futuro, nell’urna, potremmo non curarcene, ma tu scegli, scientemente, di chiudere occhi e orecchie e stai condannando i nostri figli e i nostrii nipoti ad un orribile destino, fatto a tua immagine e somiglianza.
Ce n’è, però, anche per la nostra gens o meglio quella che credevo esserla; ha abbandonato completamente qualsiasi ideale di sinistra e sta andando gioiosamente verso l‘estinzione, apparentemente in condizioni di stupefazione e inconsapevolezza (io sospetto non sia proprio così, tra un Sankt Moritz e una minzione gioiosa, all’udire la voce del nuovo padrone svizzero-canadese [ minuscolo voluto, dato il personaggio veramente piccolo - n.d.a.]).
Tornando alla zoofilia, comunque, c’è un altro comportamento dei canidi che auspico, vivamente, questi signori adottino in un futuro, spero, non remoto (sempre democraticamente e metaforicamente parlando).
Quando il cane o il lupo, durante l’agone, sono assaliti da un subitaneo spavento, si girano con la pancia per aria, in segno di resa, liberando un liquido, dal caratteristico odore, dalle cosiddette ghiandole della “paura”.
Resistiamo democraticamente e costringiamo Ciro e i suoi satrapi, con l’esercizio democratico delle nostre prerogative e dei nostri diritti, ad abbandonare le loro posizioni e la vita pubblica, perché, al di là di quello che pensano e che, affabulando gli altri, si raccontano, sono già stati espulsi dalla storia diverse volte.
Ultimamente, un leggero sentore dell‘olezzo, di cui parlavo prima, si avverte, leggero, ma beneaugurante.
Voglio concludere con un pensiero non mio, bensì di Walt Whitman, che mi trova pienamente in accordo: « Spesso abbiamo stampato la parola Democrazia. Eppure non mi stancherò di ripetere che è una parola il cui senso reale è ancora dormiente, non è ancora stato risvegliato, nonostante la risonanza delle molte furiose tempeste da cui sono provenute le sue sillabe, da penne o lingue. È una grande parola, la cui storia, suppongo, non è ancora stata scritta, perché quella storia deve ancora essere messa in atto. »



Stella Rubra

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